Di SuperCirio addì 30/01/2008 @ 13:15:00, in music, linkato 1003 volte)
Così, senza nessuna apparente nè valida ragione, m'è venuto di postare 'Your Hand In Mine' degli Explosions in the Sky. Sai mai che qualcuno capita qui, la ascolta, gli piace e magari mi ringrazia pure.
Di SuperCirio addì 28/01/2008 @ 22:47:53, in music, linkato 932 volte)
Devo ricredermi: Safari, l'ultimo album di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, non fa poi così cagare come mi era sembrato in occasione del primo ascolto. Tutt'altro. E' un album strano, più maturo rispetto alle produzioni anche recenti. Una dozzina di brani che pretendono attenzione e non si lasciano ascoltare con troppa superficialità. Al primo impatto qualche scelta lirica può lasciare perplessi, ma anche questo va interpretato come un segno di maturità. I tempi delle rimette biascicate sono finiti da un pezzo, le soglie degli anta sono state varcate e il Jova non ci sta a morire come lo scemo di "gimme five". Cosa strana, la critica musicale promuove l'album in maniera abbastanza unanime. Forse non sarà il miglior disco del 2008, ma al momento non vedo molti pretendenti all'orizzonte.
Crolla la maggioranza di governo, pugnalata alle spalle dai suoi stessi alleati. Crollano le prenotazioni dei turisti stranieri, spaventati dai rifiuti di Napoli. Crollano le borse mondiali, schiacciate dallo scandalo dei mutui subprime. Crollano le richieste di mutuo, falciate dai tassi usurai. Crollano i consumi, oppressi dalla sfiducia dei consumatori.
E crollo anch'io, sommerso da tutti questi cedimenti.
Forse sono già crollato, e tutti frugano tra le mie macerie nel tentativo di fottersi i pezzi migliori.
Le Borse mondiali crollano come castelli di carte, Er Panza Mastella vendica le sue vicissitudini giudiziarie facendo cadere il governo, Napoli si districa tra rifiuti e bombe inesplose...
C'è una malignità intrinseca nelle segreterie telefoniche digitali. Mi spiego: sulla mia scrivania troneggia un mastodontico telefono digitale, un monolite grigio sporco (nel senso che è grigio e sporco) coperto di tasti e lucine, assai ricco di funzioni in parte ignote e in parte inutili. Tra le opzioni offerte c'è la casella vocale centralizzata, cioè una vocina femminile metallica e un po' indisponente che in caso di mia assenza invita il chiamante a lasciare un messaggio dopo il beep. La presenza di nuovi messaggi viene indicata da un led rosso di dimensioni esagerate piazzato sopra il tastierino. Fin qui, nessuna differenza rispetto a qualsiasi altro sistema di segreteria telefonica. Il problema nasce quando si ha la necessità di ascoltare un messaggio pervenuto. Essendo una segreteria centralizzata, occorre chiamare il numero interno del sistema, seguito dal numero del proprio interno e dallo stramaledetto codice personale, cioè una password composta di 4 cifre a scelta dell'utente. Anche qui niente di trascendentale: nell'orgia di password e codici di accesso in cui siamo ormai abituati a destreggiarci, un numerello in più o in meno non farebbe la differenza, non fosse che: - con una frequenza che ho calcolato essere intorno ai 3 minuti, il sistema impone il cambio del codice; - il nuovo codice non può essere identico a nessuno dei 15.000 precedentemente impostati; - quando cazzo ne ha voglia, il sistema decide che il tuo codice è sbagliato quindi scordati di ascoltare i messaggi, cocchino mio.
Fatto sta che non idea di cosa sia successo, ma da qualche giorno il mio codice risulta errato e il led se ne sta lì, rosso e fiammeggiante come gli occhi di Cerbero, a rammentarmi che c'è qualcosa di mio, o comunque a me destinato, bloccato nell'anima di silicio di un apparato elettronico, finché non avrò inserito come dio comanda quel fottuto codice.
Forse è il messaggio più importante della mia vita: un ricco parente americano, di cui ignoro l'esistenza, che vuole nominarmi suo unico erede; Gisele Bundchen che in un accesso di furia erotomane cerca potenzali partner componendo numeri a caso; il mio direttore generale che si è reso conto delle mie straordinarie potenzialità e vorrebbe offrirmi un ruolo dirigenziale... Temo però, a voler essere realista, che non possa trattarsi d'altro che di rogne. Qualcuno che non vedeva l'ora di affibbiarmi qualche rottura di coglioni, ben felice di non avermi trovato e di poter scaricare le sue seccature nella mia casella vocale... Malefico led, brucerai indisturbato fino alla fine dei tempi.
Forse in molti non l'hanno ancora realizzato, oppure presi come sono dalle beghe di inizio gennaio ancora non hanno avuto tempo e modo di avvedersene, ma quello in corso è un anno cosiddetto bisestile. Ciò significa che il prossimo mese di febbraio avrà un giorno in più il quale, vi rivelo per amor di precisione, cadrà di venerdì. Gli animi più pragmatici vedranno in questo fenomeno soltanto la seccatura di un giorno di lavoro in più durante l'anno, mentre io vi ravvedo solo una curiosa coincidenza: non ho mai conosciuto una persona nata il 29 di febbraio. Nemmeno ricordo che vi sia, nel novero dei personaggi storici più famosi, qualcuno nato in quel fatidico giorno bisesto (questo in realtà non significa molto, perchè se qualcuno mi dicesse che Garibaldi, giusto per citare un nome, è nato il 29 febbraio, non avrei alcuna possibilità di controbattere per confutare l'affermazione. E lo stesso dicasi per Napoleone o Mussolini o Carlo Magno o la miriade di personaggi storici dei quali ignoro la data di nascita, finanche l'anno. Fortuna che c'è Google). Il fatto che nessuno di mia conoscenza festeggi il genetliaco il 29 di febbraio mi porta a pensare che tale data in realtà non esista. a pensarci bene, è' uno scherzo: un giorno che salta fuori ogni quattro anni! Ma che barzelletta è? Tutto per quella storia delle 6 ore che la Terra, al termine dei suoi 365 faticosi giorni di rotazione intorno alla sua stella, pretende in più per completare l'opera? Basterebbe che una commissione di saggi ed esperti decretasse compiuta la rotazione dopo 365 giorni esatti, cassando con dogmatica assolutezza il fastidioso scampolo temporale. Un po' come per l'ora legale: signori, alle ore 24.00 del 31 gennaio la rotazione terrestre è da intendersi completata, e che sia finita lì. Certo, dopo alcuni decenni il ciclo stagionale ne risulterebbe un pò sfalsato, ma una precisa sforbiciata al calendario riporterebbe tutto in perfetto allineamento.
Potrebbero però effettivamente esistere delle persone che han visto la luce il ventinovesimo giorno di febbraio, e in questo caso non sarebbe corretto negare loro la possibilità di festeggiare l'evento con tutto il campionario di torte candeline e canzoncine di auguri come si conviene ad ogni bravo compleanno, anche se soltanto ogni 4 anni. In realtà questo mio interesse verso le persone 'biseste' ha una sua ragione: io sono nato il 26 febbraio, ma spesso ho fatto credere di aver rischiato di nascere il 29. "In che giorno sei nato?" "il 26 febbraio, ma ho rischiato di nascere il 29." "Ma va? Ma tu non sei del 19xx?" "si" "ed era bisestile?" "si. Mia madre ha insistito con i medici per farmi nascere prima. Non per superstizione o altro, solo che non voleva aspettare 4 anni per organizzare la mia prima festicciola di compleanno." "fiii, che storia..."
A nessuno è mai balenato il sospetto che il 19xx NON fosse un anno bisestile...
Non se ne abbia a male Santità, può capitare a tutti prima o poi di risultare poco graditi a qualcuno/qualcosa, di ritrovarsi indesiderati in una determinata situazione o contesto. Ma non è facendo l'offeso e negandosi che se ne esce facendo la figura di quello buono che ha sempre ragione, solo perchè ad esser testa di cazzo son sempre gli altri. Oddio (ops! perdoni, Santità), in tutta questa faccenda di teste di cazzo ne son sfilate tantissime e un buon numero di queste, abbiamo scoperto, si nasconde nella redazione di alcuni quotidiani, però il suo atteggiamento mi ricorda un po' i capricci del ragazzino che ha portato la palla, quindi o lo fan giocare in attacco oppure non gioca più nessuno. Premetto che chi le scrive è un progressista mediamente illuminato, convinto che sia doveroso per uno stato democratico garantire a tutti il diritto di avere e poter esprimere le proprie opinioni. Sono uno dei tanti che vivono tra molti dubbi e poche certezze, che si tratti di scienza, di fede o solo di cambiare tinta alle pareti del salotto. Per questo ritengo che in tutta questa vicenda, che tanto scalpore e agitazione sta portando nel mondo politico e non solo, i colpevoli stiano bene o male da entrambi i lati della barricata. A partire da Lei, Santità.
Lei aveva ben chiaro in che ambiente si sarebbe ficcato varcando le soglie della Sapienza. Era a conoscenza del fatto che nel corpo docente si annida una nutritra frangia di ex sessantottini militanti, intellettuali dall'illuminismo un po' integralista, che non avrebbero perso l'occasione per ribadire con ogni mezzo e forma il loro diritto alla laicità. Una dichiarazione d'amore verso il laicismo, questa dei professori della Sapienza, che lascia un po' il tempo che trova se è vero che nel giugno 2006 la stessa Università ha stipulato un accordo per la creazione di un comitato accademico italo-egiziano di «studi comparati per il progresso delle scienze umane nel Mediterraneo», accordo siglato alla presenza dello sceicco Sayed Tantawi, uno che ha scritto fatwe per giustificare i kamikaze palestinesi e inneggia senza mezzi termini alla guerra santa. Eppure in quell'occasione nessuno si sognò di scrivere al magnifico rettore per contestare la faccenda e rivendicare il sacrosanto principio della separazione tra scienza e fede. Tantawi si, invece Lei no: Santo Padre, la coerenza non è di questo mondo. Senza contare infine che a una certa parte degli studenti iscritti non sarà sembrato vero di avere un'occasione per far casino e contestare, magari senza aver neanche ben chiaro chi e cosa stavano contestando. Ma Lei sa come sono i giovani d'oggi, insoddisfatti e senza ideali, sempre pronti a schierarsi su qualsiasi fronte basta che ci sia un po' di casino e qualche canna da rollare.
Santità, accetti l'umile consiglio di una pecorella smarrita: la prossima volta, invece di puntare ad istituzioni blasonate e pericolose come la Sapienza, provi con una piccola scuola di periferia, di quelle che si barcamenano tra bilanci risicati e carenze strutturali. Una di quelle piccole realtà educative dimenticate da Dio (il suo e quello di tutti gli altri) dove sui banchi si parlano tre lingue e ai bambini vien chiesto di portarsi la carta igienica da casa. Per la Chiesa di Roma, da millenni schierata dalla parte dei più deboli, questo si che sarebbe un bel gesto di coerenza e carità cristiana.
"Er Panza" Mastella che si dimette dal governo dopo un'avviso di garanzia per presunti reati di concussione. Sua moglie Sandra, compagna di vita e malaffare, agli arresti domiciliari con imputazioni simili.
Vederli entrambi chiagnere e stracciarsi le vesti lanciando invettive contro giudici e magistrati è uno spettacolo che rallegra la mia giornata. Almeno adesso donna Sandra avrà un po' di tempo per ciucciarsi tutti i suoi torroncini.
Va bene la guerra al relativismo, ok alla messa in latino, passino pure le stangate a Veltroni sul degrado di Roma... ma dare le spalle ai fedeli per tutta la messa non sarà un po' da maleducati?
Parlando di battute divertenti, oggi ne ho sentite un paio carine:
Un veloce scambio di battute su un tema di grande attualità: - Cuncè, scinne abbasso a buttà la munnezza! - Ah gennarì, aspetta ancora nu poco che la munnezza se ne sale a' ìssa...(*)
la seguente invece si basa su una semplice ma simpatica bivalenza semantica. Il tema è il mistero dei cosiddetti 'cerchi nel grano', inspiegabili ed affascinanti figure geometriche, spesso di dimensioni colossali, realizzate piegando le spighe nei campi di grano e considerate da molti come messaggi da parte di visitatori alieni. Un giorno Pxyryx e Moxtorz, due giovani ricercatori alieni provenienti dal pianeta Yertsar III, atterrarono con la loro navicella spaziale in un campo di grano del Connecticut e ne discesero per prelevare alcuni campioni. Al momento di ripartire però Pxyryx si accorse di aver perso le chiavi della navicella. - Ma porc...! Moxtorz, non trovo le chiavi! - Cosa significa che non trovi le chiavi? - Devo averle perse qui fuori... - Sei un coglione, Pxyryx. - Adesso cosa facciamo? - Adesso esci e vai a cercarle. Esci e cerchi nel grano!(**)
Che spasso, nevvero? Ogni tanto ci vuole, eccheccazzo.
(*)Se non hai capito che la gag è ambientata a Napoli sei proprio stordito; mi chiedo che senso abbia ostinarsi a perdere tempo raccontando
barzellette a gente che non sa o non vuole capirle. (**)Il potenziale comico di questa storiella si incrementa nel tempo in modo dinamico. Nel senso che la prima volta che la leggi ti sembra una cagata, mentre ad ogni rilettura successiva ti appare man mano più divertente. So di persone che dopo averla letta alcune centinaia di volte sono letteralmente schiattate per il gran ridere.
update del 11/01: superato brillantemente il livello 10. Certo, ho avuto una buona dose di culo nell'azzeccare l'esatta ubicazione di Libreville, nel Gabon... Però son soddisfazioni, eccheccazzo.
Se il buongiorno si vede dal mattino allora il 2008 si prospetta, almeno sul piano professionale, come un anno di merda. Nei primi due giorni di lavoro ho accumulato abbastanza scazzi e stress da tirarci una riserva fino a Pasqua. Ti dicono: eh, è dura riprendere dopo le ferie! Si, ma io ho fatto a casa 4 giorni sputati, mica son tornato dal giro del mondo in 80 giorni.
Oggi pomeriggio, mentre ero nel bagno dell'ufficio, da un interstizio della ventola Vortice è spuntato un ragno. Un ragnetto di quelli piccoli, tranquilli e pacifici, niente di ripugnante né repellente. Soltanto uno di quei cosini innocui che ogni tanto si schiacciano con indifferenza in giro per casa. Siamo rimasti lì, senza fare niente, guardandoci negli occhi (i suoi in netto sovrannumero, i miei più grandi ed evoluti). All'inizio mi è parso ineducato che se ne stesse lì a guardare mentre pisciavo, senza usarmi la cortesia di voltare altrove la testolina irsuta. Con un gesto di stizza ho strappato il pezzetto di carta igienica con il quale lo avrei schiacciato, avvolgendolo poi come in un sudario prima di gettarlo nella tazza. Un sarcofago di cellulosa bianca che lo avrebbe accompagnato nel suo ultimo viaggio lungo scarichi e fognature di questa Milano stressata dall'ecopass. Poi, all'improvviso, è scattata una sorta di empatia, una comunanza situazionale che si è fatta in fretta complicità. Ho immaginato, al di là della ventolina Vortice, un minuscolo ufficio pieno di ragnetti indaffarati che corrono a destra e a manca alle prese con rogne gestionali e clienti incazzosi. Minuscoli telefoni che squillano incessanti frequenze udibili solo agli aracnidi. Direttori che sbraitano agitando le zampe nelle loro postazioni di ragnatela. Una versione miniaturizzata e nascosta di quanto stava al di là della porta alle mie spalle, con le stesse dinamiche concitate, la medesima assurda frenesia che diventa il substrato del quotidiano, un giorno dietro l'altro. Un anno dietro l'altro. Un altro anno.
Io e il piccolo aracnide invece ce ne stavamo lì, in quell'isola di quieta e momentanea solitudine, sforzandoci di trovare una ragione per affrontare con spirito diverso un 2008 di lavoro. Ho pensato che forse anche lui tiene incollate sulla sua minuscola scrivania le foto dei figli - ottomila per lui, molti meno per me - e le guarda, nello sconforto di certi lunedì mattina, pensando che in fin dei conti lo fa solo per loro, è per quei faccini sorridenti se sopporta un'esistenza che se ne scivola via sempre uguale, giorno dopo giorno, dietro la ventolina Vortice.
"Buon anno" gli ho detto tirando lo sciacquone. Lui mi ha risposto alzando una zampina. Mi chiedo come sia riuscita una creatura senza mani ad alzare il dito medio.
Ma è tutto qui 'sto 2008? Un anno di attesa, 1000 aspettative, sogni, desideri e rimpianti, e alla fine stai a vedere che mi rifilano un annaccio come tutti gli altri. Questa prima settimana del 2008 è scivolata via con la stessa distratta velocità che ha ucciso l'ultima del 2007.
Tutto è ripartito nello stesso identico scenario, salvo poche e superficiali eccezioni tipo l'ecopass morattiano. Dal primo di questo mese se vuoi entrare a Milano con un'auto scassona devi pagare. Perchè le auto scrause inquinano, e chi inquina paga. In linea di principio il discorso non fa una grinza, ma chi deve pagare, e quanto? Secondo le autorità cittadine, è possibile reperire ogni informazione sulle modalità di applicazione delle nuove norme di viabilità in un'apposita sezione del sito internet del Comune. Lunedì scorso, primo giorno di entrata in vigore dell'ecopass, il sito in questione è rimasto bloccato per l'intera giornata a causa dei troppi accessi, e ancora oggi pare non sia messo granchè bene. Mi sembra poi di aver inteso che un pass giornaliero ha un costo forfettario; in pratica una utilitaria ben mantenuta e utilizzata pagherebbe lo stesso importo di un catorcio fumoso alimentato a bitume, se risultano entrambi immatricolati nello stesso periodo. Non lo trovo corretto. Per fortuna la questione non mi tocca, anche se lavoro in centro,
poichè mi muovo coi mezzi (sfilo in auto sotto il cartello del
limite ecopass proprio all'ingresso del parcheggio della
metropolitana), però mi rendo conto che per chi ha la necessità di
muoversi in città con le 4 ruote questi nuovi limiti diventano un
calvario.
Chiuso capitolo, passiamo ad un'altra novità di questo inizio d'anno: la neve. Quanta neve. Mai vista scendere così tanta neve tutta in un botto come settimana scorsa in Valle d'Aosta. Fiocchi grossi come palle da biliardo, fitti fitti da non vedere a tre metri, giorno e notte. M'è toccato spalare per mezza mattina solo per liberare la macchina dal sarcofago bianco. In tre giorni è scesa abbastanza neve da garantire sciate fino ad aprile. Vorrei poterne conservare qualche metro cubo per seppellirci i somari che l'estate prossima, con l'arrivo dei primi caldi, cominceranno a profetizzare desertificazione e siccità.
Altra novità, se di novità si può parlare: i saldi. Ci casco ogni anno e oggi ho dato il mio contributo alla frenesia collettiva degli acquisti scontati. Completo grigio in lana, taglia 52 (l'ultimo rimasto) - euro 129,00 sconto 50% = euro 64,50 totale. Affarone, eccheccazzo.
Sono ancora qui, vivo e poco vegeto. Non è mica un risultato da niente, coi tempi che corrono. Questo inverno infame sta cercando di piegarmi attaccandomi sulla salute. Lo dicevo a mia moglie l'altro giorno: questo freddaccio ci ucciderà tutti. Lei ha alzato il riscaldamento e ha regolato la temperatura dell'acqua sanitaria elevandola di parecchi gradi. Tra le tante cose che mia moglie ancora non ha capito, c'è anche la differenza tra temperatura dell'acqua sanitaria e quella di riscaldamento, così adesso ogni volta che mi lavo le mani me le spello lessandole sotto un getto di acqua incandescente. Dicono gli esperti che nei primi giorni del nuovo anno potrebbe nevicare anche a bassa quota. So già che non succederà, come non succede ormai da anni, e allora gli esperti si affanneranno a darne la colpa all'effetto serra e al surriscaldamento globale. Dopo settimane di temperature sottozero, le cassandre climatiche torneranno a pronosticare catastrofi non appena la colonnina dei termometri si azzarderà un paio di lineette sopra la media. Fa niente se per settimane si è schiattato a -4 costanti: quello è la normalità. Il mondo va a rotoli solo se fa caldo. Oggi è stato l'ultimo giorno di lavoro dell'anno. Dovrebbe esserci una specie di cerimonia in queste occasioni, come una ricorrenza da festeggiare, un rituale pagano da espletare. In realtà è stata una giornataccia come tutte la altre nel corso dell'anno, se non addirittura peggio. Gli ultimi giorni dell'anno dovrebbero essere di assoluto relax. Si chiude un anno, ragazzi, una serie interminabile di giornate faticose, rotture di coglioni, rogne da gestire, colleghi incazzosi, scioperi degli autoferrotranvieri. In questi giorni ci si dovrebbe raccogliere in meditazione davanti a ciò che resta di un anno di lavoro. Si dovrebbe riflettere su quanto fatto, quanto resta da fare, quando si sarebbe potuto fare mentre non c'è più il tempo di farlo. Invece gli ultimi giorni si concentrano le rotture di coglioni, come se la gente avesse fretta di liberarsi delle rogne rifilandole a chi capita per togliersele dalle mani prima che il nuovo anno li sorprenda con ancora in mano il cerino acceso. Ci sono le chiusure di fine anno, ti dicono. Perchè, dopo la befana non riaprite? Sembra che si possa evitare di trascinarsi nel nuovo anno i propri problemi semplicemente rifilandoli sul gobbo a qualcun altro entro il 31/12. Ci hanno provato in tanti con il sottoscritto in questi giorni. A tutti coloro che mi hanno scaricato un problema, pensando di liberarsene entro fine anno, garantisco che restituirò tutto con gli interessi prima ancora che la befana sia sparita con la sua scopa. E tanti auguri a tutti.
Di SuperCirio addì 27/12/2007 @ 22:01:15, in bambini, linkato 1181 volte)
La quiete delle feste in famiglia crea la giusta atmosfera per ripescare con dolce malinconia i vecchi ricordi dimenticati nei cassetti, come questo video di quand'ero bambino e amavo esibirmi alle percussioni per la gioia di parenti e amici. Certo, il fatto che il pargolo abbia lineamenti latino americani e parli inglese potrebbe far credere che non sia veramente io.... vabbè, diciamo che se i miei avessero avuto più spazio in garage per tenerci una batteria, questo sarei anche potuto essere io.
p.s. ma cosa gli daranno mai da mangiare a 'sto ragazzino?
Dubito che il mio gatto legga questo blog (non lo fanno i miei simili, figuriamoci un gatto) ma, visto fallire ogni tentativo di inculcargli qualsiasi principio di normale convivenza tra un animale e il suo padrone, non mi resta che questo estremo tentativo.
Micio mio, non pretendo che tu divenga improvvisamente simpatico e giocherellone: non lo sei mai stato neanche da cucciolo, inutile sperarci adesso che sei un gattaccio maturo. Nemmeno mi indispone più quel miagolìo lamentoso e incessante che produci quando hai fame, cioè sempre. Quello che veramente vorrei farti capire è che i tuoi omaggi sacrificali sullo zerbino della cucina non sono graditi, non lo sono mai stati e non lo saranno mai. Topolini di campagna, lucertole, uccellini, insetti di ogni foggia e dimensione... cazzo, hai fatto del mio zerbino un altare pagano sul quale offrire le tue vittime a chissà quale divinità felina. Io non voglio le tue sadiche offerte, anche se sono io quello che paga il tuo Kitekat (e quanto ne pago!) non ho bisogno dei tuoi sacrifici rituali. Perchè hai voluto massacrare quel piccione, ieri? E perchè lo vieni a fare proprio sullo zerbino della cucina? Non puoi limitarti a scannare le tue prede sul luogo di cattura come in genere fanno tutti i tuoi simili? Hai una vaga idea di cosa voglia dire mettersi a raccattare piume di piccione in giro per il giardino con 3 gradi sottozero? E poi i tuoi omaggi puzzano, fanno senso, impestano e prima o poi ci infetteranno tutti con qualche morbo sconosciuto. Ti ricordi quella volta che hai lasciato pezzetti di pelliccia sanguinolenta seminati davanti all'ingresso? Non sono mai riuscito a capire a quale animale possano essere appartenuti, ma la puzza! La puzza che emanava da quei poveri, miseri resti mi ribalta ancora le busecche al solo ricordo. E quella volta del povero coniglietto senza testa? Beh, se da quel momento hai notato un cambio di atteggiamento nei tuoi confronti da parte delle piccole di casa, adesso puoi capirne il perchè. Non hai idea delle panzane che ho dovuto inventare per placare la loro disperazione davanti a quella scena straziante. Devo ammettere che in quel frangente sei stato molto astuto a tenerti fuori portata per un po': fossi riuscito a beccarti quel giorno, adesso ci sarebbe il fantasma di un gatto senza testa in giro a cacciare nelle campagne del triste Borgo Natìo.
Io non ti capisco: divori scatolette di Kitekat a ritmo continuo, sei grasso quanto una tigre bulimica, non hai un cazzo da fare tutto il giorno... che bisogno hai di andare in giro a far strage di bestiacce? Capisco la difficoltà a sopprimere l'istinto primordiale della caccia, però almeno evita di appestarmi la casa con i tuoi trofei! Se vuoi dimostrare sottomissione verso i tuoi padroni hai mille altri modi per farlo, ma per favore evita i "regalini" perchè ormai rischi di ottenere l'effetto contrario.
Tra qualche giorno è Natale, tempo di regali: giuro che ti faccio trovare sotto l'albero un bella confezione di Kitekat al pollo&tacchino, il tuo preferito, se in cambio tu prometti di non regalarmi NIENTE almeno fino a Pasqua, sei d'accordo? Ti conviene esserlo...
Tra le varie tradizioni legate al Natale nella mia tenera giovinezza, ve n'è una che mi è rimasta assai cara.
Da giovane sbarbatello era infatti consuetudine, durante la santa notte di Natale, girovagare per le fredde vie del triste borgo natio assieme ad altre increedibili creature dell'hinterland, devastando a colpi di petardo le cassette delle lettere dei compaesani.
Una buona dose di incoscienza, unita ad una certa dimestichezza nel maneggiare manufatti esplosivi di fabbricazione cinese, facevano del nostro commando natalizio un autentico flagello per le povere cassette della corrispondenza.
Il nostro modello preferito era quello classico in lamierino zincato con lo sportellino a ribalta superiore e il logo delle poste sul davanti. Il rumore sordo che il magnum produceva sventrando il lamierino dall'interno era un dolce canto natalizio che scaldava i nostri cuori.
Il fragore dello scoppio, l'odore della polvere combusta, i rottami fumiganti sparsi tutt'intorno... da questo quadretto di rara dolcezza si irradiava un senso di pace e serenità che a noi doveva apparire come l'essenza stessa dello spirito del Natale.
Purtroppo, per qualche strano motivo, i legittimi proprietari delle cassette colpite non venivano pervasi dagli stessi sentimenti di bontà, quindi il rituale imponeva una sequenza di gesti rapidi, precisi e ben collaudati, nonchè una buona dose di gambe e fiato per la fuga.
L'esecuzione ottimale chiedeva almeno tre sbarbati: uno teneva aperto lo sportellino con una mano, reggendo nell'altra l'accendino bic già acceso, mentre il compito degli altri era accendere e lasciar cadere all'interno della cassetta, con la massima simultaneità possibile, almeno due magnum a testa.
Serviva un certo affiatamento tra i membri del commando per portare a termine le operazioni in fretta e senza incidenti. Ogni mossa, ogni singolo movimento era collaudato dall'esperienza e supportato dalla fiducia reciproca tra i membri. Un piccolo calo di concentrazione e quello con l'accendino si sarebbe ritrovato le dita bruciate dalla fiammata dell'accensione, oppure uno dei magnum avrebbe mancato il bersaglio vanificando sul selciato il proprio potenziale. Infine conoscevamo, avendolo visto con i nostri stessi occhi, quale casino è in grado di provocare un magnum quando ti scoppia in mano.
Per fortuna tutto è sempre filato liscio, e per anni l'avvento del Bambin Gesù è stato salutato da un concerto di botti e distese di lamiere sventrate.
La tradizione prevedeva infine che l'ultima salva di petardi fosse riservata alla cassetta del signor C.
Era questa una bellissima cassetta per le lettere a forma di baita montana, tutta in legno intagliato a mano, e aveva una sezione del tettuccio incernierata per permettere l'inserimento della corrispondenza (nonchè del nostro annuale carico esplosivo).
La cassetta-casetta del signor C. era più grossa e resistente delle altre, e per quanto elevato fosse il potenziale delle cariche con cui veniva farcita, si limitava a scoperchiarsi e a capicollare dal palo che la reggeva.
L'anno dopo era ancora lì, magari con qualche rimaneggiamento in più ad opera del povero signor C., ma sempre pronta e disponibile per ridonarci, anno dopo anno, la magica atmosfera del Natale.
A ripensarci oggi, sembra quasi di poter rivedere nelle fattezze di quella povera capannetta la sacra figura del luogo della Natività dove noi, novelli re magi, recavamo i doni fiammeggianti della nostra gioventù.
Buon Natale a tutti. Boom.
Allora, so di correre il rischio di ritrovarmi sotto casa orde di camionisti imbufaliti che reclamano la mia pelle per rivestirci i sedili dello Scania, però devo dire che questo sciopero degli autotrasporti mi garba assai. Potesse durare ancora qualche settimana, almeno fin dopo Natale, io ci metterei la firma, sul serio. Ho il pieno di gasolio, frigo e surgelatore son pieni, lo scatolame non mi manca. Se per continuare a godere questa stupenda tregua dallo stress del traffico natalizio devo rinunciare al pesciolino fresco sui banchi del supermarket... ebbene, si fotta il pesciolino.
Oggi il consueto tragitto casa-lavoro-casa ha richiesto 1/4 del tempo normalmente necessario. Ho risparmiato tempo e gasolio, ho abbassato i livelli di stress e i miei polmoni hanno assorbito meno pm10. Cari camionisti, per quanto mi riguarda potete starvene a letto fino alla befana. E tanti auguri pure a voi.
Di SuperCirio addì 11/12/2007 @ 21:44:39, in music, linkato 985 volte)
I Led Zeppelin tornano a suonare in concerto 27 anni dopo lo scioglimento, e se fosse stato possibile accontentare i fan di tutto il mondo che chiedevano di partecipare all'evento, si sarebbero dovuti stampare circa 20 milioni di biglietti. Alla fine c'erano soltanto 18.000 privilegiati all'O2 Arena di londra a vedere suonare di nuovo insieme Page Plant e soci, ma l'onda mediatica mossa dall'evento la dice lunga sul deserto musicale che stiamo attraversando. C'è voglia di buona musica, e poiché nessuno ne produce più, ci si rivolge ai bravi artigiani di una volta, quelli che uscivano dalla sala di incisione per entrare nella storia del Rock. Io non amo le reunion nostalgiche, mi mettono malinconia e a volte un po' di imbarazzo, ma per i Led ammetto che avrei fatto anch'io carte false. Oltretutto la frontline era quella originale (se si esclude l'assenza per ovvie ragioni del defunto John Bonham, degnamente sostituito dal figlio Jason) mentre spesso nelle reunion delle band storiche la formazione risulta rimaneggiata. Visto il successo dell'evento qualcuno comincia già parlare di repliche, ma sarebbe un errore. I Led sono scesi dall'Olimpo del Rock per sfidare il tempo, ed hanno vinto. Altre conferme non sono necessarie.
Di SuperCirio addì 07/12/2007 @ 22:39:29, in music, linkato 1068 volte)
Mai amore fu più platonico di quello che nutro per la batteria (quella che si suona, non le Duracell). Sono un virtuoso amante delle percussioni, ma non le suono. O almeno non più. C'è stato infatti un periodo della mia prima adolescenza in cui mi sono accostato al formidabile strumento, seppur con risultati discutibili. Erano anni fiammeggianti d'entusiasmo giovanile e sembrava normale per noi incredibili creature dell'hinterland milanese, compagni di crescita e scorribande, mettere in piedi un gruppo rock con cui spaccare il culo allo star system. Nacque così The No Smoking Band, una delle formazioni più sottovalutate di tutta la storia del rock.
Suonavamo con chitarre economiche, antichi amplificatori dall'aria esausta, e un Crumar valvolare da 400 Kg. Io sedevo eroico dietro una batteria di risulta recuperata con destrezza. Era un vecchio set ad impostazione jazz di cui neanche ricordo la marca (ammesso ne avesse una) con corpi in legno, pelli sintetiche e piatti di ottone ossidato pesanti come corazze anticarro. Su una pelle di ricambio c'era l'autografo di Tullio de Piscopo, con dedica al vecchio proprietario; non l'ho mai montata per evitare di rovinare la prestigiosa sigla. Finì perduta, assieme a tutto il resto del set, nell'oblio degli anni che vennero.
Il nostro repertorio si basava su cover di classic rock: Rolling Stones, Bruce Springsteen, Pink Floyd, qualcosa di Bob Dylan... un prestigioso campionario di brani da Monster of Rock che straziavamo senza pietà poichè -a questo punto occorre dirlo- suonavamo come cani focomelici. Questo però non ci fu mai di sconforto, al contrario eravamo convinti che servisse a caratterizzare il nostro stile rendendolo inconfondibile. L'abilità con gli strumenti era comuqnue un dettaglio poichè prima o poi avremmo sfondato lo stesso, ne eravamo certi. Bastava avere un po' di costanza e un minimo di fortuna, e il successo ci avrebbe travolto garantendoci guadagni da re ed eserciti di fighette fino alla fine dei nostri giorni da rockstar.
Ci furono un paio di occasioni in cui la strada verso il successo si proiettò con luminosa certezza sul nostro futuro. La prima fu un invito ad un raduno di giovani gruppi musicali da parte di un'associazione benefica (lo status giuridico di ONLUS ancora non esisteva) che raccoglieva fondi per iniziative umanitarie. Ricordo ancora le positive vibrations che ci diede l'incontro con quello che fu, a tutti gli effetti, l'unico impresario della nostra breve parabola artistica. Ovviamente suonammo malissimo, ma ci fu gioco facile nell'addossare la colpa alla presunta imperizia dell'addetto al mixer. E comunque la qualità della nostra musica era cosa secondaria rispetto al fatto che ormai, dopo quel debutto, eravamo ufficialmente lanciati a folle velocità verso il successo. Avevamo avuto un ingaggio (seppur gratuito), avevamo suonato 'live' e un pubblico ci aveva applaudito (per inerzia, ma son dettagli). Quante, tra le migliaia di giovani band emergenti, potevano vantare un simile background? L'avvenire si prospettava costellato di successi.
La successiva spinta verso l'olimpo della celebrità ce la offrì la società polisportiva del nostro borgo natio. Durante la festa sociale che si teneva annualmente all'oratorio parrocchiale, uno dei volontari organizzatori ci ingaggiò per intrattenere gli avventori del tendone ristorante. Il fatto che avremmo suonato alle due del pomeriggio per una platea di pochi avvinazzati non riuscì a smorzare il nostro entusiasmo, e dedicammo un'intera mattinata alle prove ed alla stesura della scaletta. Come prevedibile, anche in questa occasione suonammo in modo agghiacciante, con l'aggravante di esserci dovuti appoggiare esclusivamente sui nostri scarsi mezzi tecnici (che non comprendevano, tra l'altro, un mixer).
Attaccammo con "In The Flash-part 1" dei Pink Foyd, uno dei nostri cavalli di battaglia. Ancora adesso ricordo con un certo imbarazzo l'espressione di sgomento sul viso dei pochi anziani presenti, quando gli amplificatori cominciarono a vomitare una sequenza di suoni distorti e a volume pazzesco. Per questioni di carenze tecniche la batteria non venne amplificata, pertanto fui costretto a martellarci come un pazzo nel tentativo di sovrastare il delirio sonoro prodotto dagli altri componenti. I poveri vecchietti si aspettavano un liscio alla Casadei, o un walzerino tranquillo, o qualsiasi cosa potesse andar bene per trascinare i piedi sulla pedana da ballo con le loro sciure. Invece sparammo loro addosso uno tsunami cacofonico di suoni sovrapposti che fece tremare le dentiere e rovesciare più di un bicchiere di rosso. Molti si portarono platealmente le mani alle orecchie, altri scapparono alla massima velocità concessa dalle giunture artritiche. Suonammo l'intero nostro repertorio, che per fortuna dello sventurato uditorio copriva una ventina di minuti scarsi. Terminata l'abominevole performance, ci presentammo dal volontario che ci aveva ingaggiato e che in quel momento stava cuocendo salsicce. Qui successe l'impensabile: anziché rincarare la dose di umiliazione già rimediata sul palco, il tizio sfilò di tasca il portafogli e piazzò una centomila lire nelle mani incredule del nostro bassista. Fu l'apoteosi. Urla, abbracci, scene di gaudio da vincitori della lotteria Italia. Noi, la The No Smoking Band, guadagnavamo dei soldi grazie alla nostra arte. Ventimila ricchissime lire a cranio. Qualcuno propose di incorniciarle sotto vetro, come Paperone con la Numero uno, così da poterle ricordare con nostalgia, una volta ricchi e famosi, come il primo guadagno di una ricca carriera. Io sputtanai subito la mia parte in sigarette e miscela per il Garelli, come si conviene ad una rockstar in erba.
Il fatto che uno dei componenti originali della band oggi sia qui a scrivere cazzate su un blog invece di calcare il palco degli MTV Awards la dice lunga sul destino della formazione. Gli studi, il lavoro, le fidanzate e la vita in genere, spinsero il progetto verso un inesorabile declino. Il primo a mollare fu il tastierista S., seguito poi dal vocalist e leader M., ma a quel punto il gruppo si era ormai definitivamente sfaldato.
Oggi non rimane che qualche foto sbiadita e un pugno di "drum sticks" sbucciate a testimoniare il passaggio nel firmamento del Rock di una luminosa meteora chiamata "The No Smoking Band".
Arrivano come ogni fine mese i dati sull'inflazione e si scopre che novembre è stato un bagno di sangue. L'Istat comunica che nel periodo in esame il costo della vita è salito al 2.4% contro il 2.1% di ottobre. Colpa degli aumenti dei costi del petrolio, del pane, della pasta, dei cazzi e dei mazzi. Il presidente di Confindustria Montezemolo esprime preoccupazione per il fenomeno inflattivo: "tremo all'ipotesi di tassi più alti", ha dichiarato. Lui trema. E se lui trema allora io, titolare come tanti altri coglioni di un mutuo a tasso variabile, cosa dovrei fare, entrare in risonanza? Vorrei capire meglio i meccanismi di questo congegno perverso: sono almeno 5 anni che la BCE martella sui tassi di interesse con aumenti periodici da 0.25 punti percentuali a botta. Il tutto, spiegano gli analisti, con l'obiettivo di contenere il rischio di crescita dell'inflazione. Aumentando quindi il costo del denaro, la BCE si prefiggeva l'obiettivo di contenere la crescita dei prezzi al consumo. Adesso si scopre invece che nonostante gli anni di salasso continuo da parte delle banche, il fenomeno del'inflazione è tutt'altro che sotto controllo. Colpa del petrolio, certo. E come no. Peccato che i prezzi della benzina rimangano stabili anche quando il costo del greggio al barile scende di qualcosina. In questo caso, ci spiegano i soloni dell'economia globale, prima di poter abbassare il prezzo alla pompa è necessario ammortizzare i costi delle scorte acquisite con i prezzi precedenti. Peccato che una volta arrivati ad ammortizzare le scorte il prezzo è già bello che tornato a salire in verticale. Anzi, diventa necessario compensare ritoccando al rialzo i prezzi al distributore. In questo caso, chissà perchè, non ci sono scorte da smaltire e la crescita si riverbera immediatamente sul prezzo al consumo.
Al lamento di Montezemolo si aggiunge anche la segreteria confederale di CGIL :"Occorre un intervento immediato e incisivo del governo in direzione fiscale attraverso la diminuzione delle accise e i controlli e le sanzioni, da parte del Governo e degli Enti locali, verso qualsiasi intervento speculativo". In sostanza: occorre intervenire sulle imposte e dare addosso ai commercianti ladroni che speculano sui prezzi. Su quest'ultimo punto chi mi conosce bene sa come la penso, quindi non si stupirà nel sentirmi proporre la corte marziale e la pena di morte nei confronti dei commercianti disonesti ed approfittatori. Cominciando magari con un segnale forte, qualcosa di simbolico: questo Natale meno panettoni a prezzi esorbitanti, e più legnate a chi li vende speculandoci.
Probabilmente il mio animo nazionalista dovrebbe insorgere davanti ad una evidente presa per il culo dell'italianità ma... è troppo lollosa per incazzarsi :)
Demotivati anche tu con despair.com! Grazie a questo comodo tool online potrai creare il tuo poster demotivazionale personalizzato, senza necessità di smanettamenti con Photoshop o similari. Ecco, a titolo di esempio, una mia creazione.
Scatena la tua creatività nichilista, sfoga con allegria il tuo pessimismo! Non permettere che il mondo consumi la tua positività: annullatela da solo.
Sarà forse la contiguità con i Regni Vaticani che ci ha sempre condizionato, o per la bonarietà che innerva il nostro essere italiani, fatto sta che stiamo pagando il fatto di non essere riusciti ad ammazzare un re. Adesso la cosa ci torna sulle corna come un boomerang. Cinquantaquattro anni fa sarebbe bastato poco per scongiurare ogni possibile ombra monarchica dal futuro della Repubblica. Un piccolo intervento su modello Causescu (o meglio ancora Zar Alessandro, tanto per scongiurare rischi legati ai congiunti) e certe rotture di coglioni oggi ce le saremmo evitate. Invece no, tutt'altro. Prego Vostra Maestà, l'aereo per l'esilio l'attende, eccoLe la lista dei Suoi beni soggetti a confisca, affinchè possano un giorno i Suoi successori accampare pretese ed esigere risarcimenti da questa costituente Repubblica. Faccia buon viaggio, Maestà, e a risentirci a presto.
Diciamocelo: da questo punto di vista i Padri Costituenti fecero una cazzata. Imposero alla famiglia reale l'esilio dal paese, quando un esilio dal mondo avrebbe richiesto minor sforzo e garantito risultati migliori anche in ottica futura. Fu un errore, e gli errori si pagano. L'aspetto più irritante è che a presentarci il conto siano proprio quel biscazziere, corruttore e puttaniere di Emanuele di Savoia e il suo figlioccio testimonial delle cipolline sottaceto. Dopo aver ottenuto con decenni di smarronamenti il permesso di rientrare sul suolo patrio, dopo aver paventato la fondazione di un neo partito di ispirazione monarchica, i due reduci della ex casata regnante avanzano pure pretese di risarcimento da parte dello stato italiano per quanto fu loro tolto con l'esilio. E non è una boutade provocatoria la loro, no no, lo fanno a suon di avvocati e indirizzando fior di carte bollate direttamente al Governo in carica. Il quale, com'è ovvio, ha già risposto picche; anzi, non è escluso che sia proprio il Governo italiano a pretendere dai Savoia il risarcimento dei danni per le note vicende storiche.
Garantito che qualche somaro pronto ad appoggiare il biscazziere e il cipollaro non tarderà a saltar fuori. Non è escluso che si arrivi prima o poi a parlare di compromesso per chiudere la faccenda, magari offrendo ai savoiardi una contropartita simbolica per chiudere la faccenda. Fossero soltanto dieci euro, è comunque più di quanto avremmo sborsato per un paio di pallottole nel 1946.
Di SuperCirio addì 21/11/2007 @ 21:15:12, in bambini, linkato 1081 volte)
Succede che una fredda mattina di novembre l'onorevole di lungo corso G. Amato si sveglia, solleva un sopracciglio sugli occhi cisposi, si gratta distrattamente le chiappe indolenzite e con improvvisa lucidità prende coscienza di un fenomeno inquietante: "oibò, codesto paese brulica di adolescenti un po' zoccole!".
In giornata, incontrando i giornalisti, dà sfogo a tutto il suo disappunto:"la politica deve cogliere questi fenomeni!", si infervora, "Ormai la politica è diventata soltanto reazione ai fatti che accadono. Si aspetta che accada qualcosa per poter insultare l’altro e dire che non ha fatto abbastanza!"
Tra gli addetti qualcuno comincia a darsi di gomito; ci si chiede se non sia il caso di ricordare all'onorevole che della politica lui è -e non da poco- un elemento di spicco, addirittura un ministro dell'attuale governo. Ministro degli interni, a volere dirla tutta, quindi colui che per definizione certi fenomeni sociali dovrebbe conoscerli e contrastarli in virtù del proprio mandato. Curioso poi che a contestare il vizio della politica di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati sia prorpio uno che la stalla l'ha chiusa in ritardo per ben due volte nel giro di un mese: prima il decreto espulsioni seguito al delitto di Tor di Quinto, poi le prese di posizione tardive seguite all'uccisione di un tifoso da parte di un poliziotto.
A soffiare sul fuoco arriva puntuale un rapporto della Società Italiana di Pediatria che dipinge un ritratto degli adolescenti italiani da mani nei capelli. A soli 12 anni le nostre ragazzine approcciano sesso, droghe, sballo e soprattutto un desolante vuoto di valori.
Cosa vuoi fare da grande? La velina
Oppure? Non lo so.
Per quanto mi riguarda in tutto ciò non ci trovo nulla di nuovo. Gli autori dell'inchiesta fingono sopresa e sparano ovvietà: una volta, dicono, a dodici anni le ragazzine giocavano ancora con le bambole, non pensavano a rimorchiare i ragazzi in discoteca! Vero, ma le bambole con le quali giocano le dodicenni di oggi sono le Bratz, e chiunque abbia mai visto in tv un solo episodio della loro serie animata sa che le Bratz sono bambolette un po' zoccole i cui unici interessi sono lo shopping e rimorchiare ragazzi. Non avrebbe senso mettersi a demonizzare le Bratz, e neanche si pretende lo faccia Amato, ma se questi sono i modelli culturali con cui si confrontano le nostre adolescenti è inutile stracciarsi le vesti quando si scopre che le discoteche di Milano sono piene di Bratz in carne e ossa.
Certamente se accettiamo che la chiave di lettura del problema stia nei modelli culturali sbagliati, nel vuoto di valori, nella colpevole assenza dei genitori, allora la mossa del Ministro Amato è ineccepibile poiché il suo ruolo prevede esclusivamente un compito di monitoraggio e allarme. Le cause e gli eventuali rimedi -se ce ne sono- sta ad altri proporli. E' materia da sociologi arrembanti e santoni dell'educazione nuovo modello, mica da Ministro dell'Interno.
E poi si sa che all'origine di questa deriva morale c'è l'inadeguatezza dei genitori nel loro ruolo di educatori. Sono colpevoli e pure recidivi. Hanno rinnegato quei modelli educativi che a loro volta avevano ricevuto, e convinti di procedere in una direzione che ritenevano più giusta hanno spinto i loro figli nel deserto dei valori. Si dice che ai ragazzi di oggi manchi la paura, e su questo sono assolutamente d'accordo. Ma la mancanza di paura deriva dalla certezza di essere invincibili (oppure iperprotetti) nei confronti di tutto e tutti. Perchè temere le conseguenze delle mie azioni se ho la certezza che comunque mamma e papà prenderanno in ogni caso le mie difese, sempre e incondizionatamente? Per i genitori di oggi i figli sono sempre vittime da proteggere. Se a scuola fanno schifo è colpa dei professori che li hanno presi di mira. Se vengono bocciati è per una congiura scolastica da denunciare al TAR. Di genitori e figli così ne circolano a frotte.
Una generazione di 'tutelati cronici' in costante anestesia genitoriale nei confronti della realtà, si rivelano poi inadatti ad affrontare le piccole e grandi difficoltà del quotidiano. Sorpresi dalla loro stessa inadeguatezza reagiscono con la spavalderia e alla prepotenza al senso di smarrimento che li invade. Da qui nasce la ricerca di affermazione attraverso il branco, i fenomeni come il bullismo, la "generazione Columbine", la sessualità precoce e incosciente.
Si è sempre detto che quello del genitore è il mestiere più difficile del mondo. Il problema è che ci siamo licenziati in massa.
Doverosa premessa: non sono un campione rappresentativo del teleutente medio, esulo da qualsiasi statistica sul gradimento della programmazione tv e nonostante qualche volta mi atteggi ad Aldo Grasso non ho alcuna competenza di critica televisiva. Per intendersi, sono rimasto l'unico in Italia a non aver MAI visto nemmeno una puntata del Grande Fratello in nessuna delle varie edizioni. Quando lo racconto c'è gente che si rifiuta di credermi, altri mi tolgono il saluto, qualcuno comincia a guardarmi strano come si fa con i potenziali serial killer o con quelli che sostengono di aver visto gli alieni. Eppure giuro che è così. Ma il GF non è l'unico fenomeno catodico che ho rigettato fin dall'inizio. Quanto segue farà sussultare dal disgusto ogni vero teledipendente omologato: a me il Dottor House FA CAGARE! Ecco, l'ho detto. Sto già meglio. Comincia un'altra battaglia parsonale contro l'omologazione di gusti e tendenze.
Stupore della massa allineata: MA COME?! MA SE LO VEDONO TUTTI!! Ecco, appunto. Non per fare il finto intellettual-snob -che tanto non sono né sarò mai, ma è cosa nota che il livello di intelligenza dei programmi televisivi riflette quello della massa telespettatrice che li guarda, e stiamo parlando di valori prossimi allo zero. Del resto lo diceva anche Berlusconi: i programmi tv devono essere pensati per "un bambino di 11 anni neanche tanto intelligente". Chi più chi meno, tutti lo hanno preso alla lettera.
Qualcuno obietterà: ma se non hai mai visto un minuto del GF, come fai a sostenere che sia una cazzata? Semplice: perchè ritengo che il concetto stesso di reality show sia una cazzata. Certo è un giudizio soggettivo, ma se a livello europeo (e non solo) l'acquisizione di format basati sui reality è in picchiata verticale, forse su qualcosina avevo ragione.
Doctor House però non è un reality, perchè tartassarlo?
Vero: infatti nel suo caso mi esprimo con cognizione, avendone visti ben due episodi. Troppo poco forse per poter formulare giudizi così trancianti, ma proprio per questo ho premesso fin dall'inizio la mia incompetenza critica. I miei sono giudizi di pancia, com'è giusto che sia da parte del semplice consumatore di format tv. Nei confronti di un nuovo programma mi comporto come un bimbo alle prese con una pappa mai assaggiata prima: mi deve piacere al primo boccone, altrimenti ribalto la scodella e sputo.
Quello che vorrei capire è la dinamica che spinge così tante persone ad apprezzare un prodotto come il Dottor House. Con il GF i sociologi hanno avuto gioco facile: il meccanismo della trasmissione faceva leva sul voyeurismo strisciante delle persone, un sentimento mediocre per gente mediocre e la mediocrità è merce diffusa, al giorno d'oggi.
Il successo del Dottor House deriva invece da dinamiche diverse. Innanzitutto occorre considerare il grande successo che già hanno avuto in passato prodotti simili, tipo il famoso ER che diede grande successo al brizzolato lacustre G. Clooney, o le tante contaminazioni medico/poliziesco tipo CSI o Grey's Anatomy. Non mancano le varianti sitcom-umoristica (es. Scrubs, che passava qualche tempo fa su MTV), o le derive grottesche di Nip/Tuc. Tutte con un comun denominatore: i medici e la medicina, e un campionario iconografico di cadaveri, sangue e attrezzature chirurgiche. Come possano certe tematiche diventare materia di svago, per me sarà sempre un mistero. Perchè la spettacolarizazione della malattia paga così tanto in termini di audience? E' un modo per esorcizzare la sofferenza vera, quella che sta al di qua dello schermo e alla quale tutti dobbiamo rispetto, poichè non sappiamo fino a che punto ne siamo o ne saremo immuni? E' una forma di assuefazione verso la tragicità del quotidiano, affinchè i cadaveri sul tavolo di CSI e quelli nei servizi dei tg si fondano sotto un'unica indistinta patina di finzione? E' per questo che poi diventa normale riprendere col videofonino la morte di una 16enne e diffonderne il videoclip su YouTube? Perchè la morte è comunque spettacolo? O forse appaga l'eterno bisogno di eroi, e quale figura migliore in questo ruolo del medico che salva vite umane?
Nella galassia catodica di sofferenza e semidei che ne combattono le cause, il Dottor House si è ritagliato una parte da re. Forse perchè, a differenza dei tanti suoi predecessori, la figura di House non è quella dell'eroe senza macchia né paura che lotta e sconfigge il Male. Al contrario, House è un tossico scorbutico e dal sarcasmo indisponente, profondamente ateo ma con posizioni antiabortiste, dissacrante ed ipercritico, antisociale e poco disponibile nei confronti dei pazienti, indifferente al codice deontologico e al giuramento di Ippocrate. Però ci azzecca quasi sempre, i malati guariscono e lo spettatore applaude. Sipario.
Probabile che il segreto del suo successo stia proprio in questa impostazione assai poco ortodossa rispetto ai canoni classici (sia televisivi che reali) del professionista serio e lineare, magari un po' barbogio nella sua granitica saccenza.
House invece no, lui non ha interesse a farsi stimare per la sua serietà, non gli interessa la dedizione alla causa né mostrare professionalità nei rapporti con pazienti e colleghi. Da questo punto di vista è senza dubbio una figura poco credibile: in un contesto reale, al dottor House qualunque paziente o congiunto azzopperebbe la gamba sana già alla prima visita. Nella fiction invece tutti alla fine lo amano, perchè lui è uno che in un modo o nell'altro risolve i problemi. Un antieroe che compie imprese eroiche.
E' un dualismo che piace e paga a livello di gradimento. Un po' come per l'Uomo Ragno e il suo 'lato oscuro', un meccanismo narrativo alla base del terzo noiosissimo sequel della saga. Forse i miei primi approcci con House non mi hanno entusiasmato proprio per questo motivo. Ho una visione all'antica, quasi da film western, del ruolo e degli atteggiamenti che il protagonista può assumere: o buono o cattivo, o sceriffo o bandito... non sono ammesse contaminazioni tra i due estremi.
Adoro formulare queste analisi qualunquiste. Ammetto comunque che il successo di House potrebbe dipendere dal fatto che è un prodotto ben confezionato, con attori validi e credibili, scritto e realizzato molto bene. Da questo punto di vista il successo è giustificato. Quello che non mi spiego è il fatto che il pubblico italiano riesce ad apprezzare prodotti televisivi con queste qualità. O meglio, riformulando la questione: se gradisce così tanto un programma con quelle caratteristiche, perchè il resto del tempo gli rifilano robaccia tipo Distraction o Un posto al sole, e lui se la beve lo stesso?
stamattina aprendo l'email aziendale mi sono ritrovato un altro dei vostri spassosissimi messaggi di phishing con il quale mi invitate, a tutela della segretezza dei dati del mio conto corrente online, ad inserire le mie credenziali di accesso in uno dei vostri specifici siti-fuffa.
Scusate, ma io non vi capisco: con tutte le competenze tecnologiche ed i capitali che impiegate per architettare queste truffe informatiche, possibile non riusciate a coinvolgere qualcuno in grado di scrivere i messaggi in un italiano quantomeno decente? E' una cosa patetica, al limite del commovente.
Vi propongo uno scambio: io vi riscrivo il messaggio in un lessico accettabile, e voi la smettete di riempirmi l'email con 'sta robaccia, che tanto -ormai l'avrete capito anche da soli- con me non c'è trippa per gatti.
Incollo qui sotto il vostro messaggio originale cui faccio seguire la mia versione rivista:
- - - - - - Egregio cliente, Legga attentamente l’informazione piùgiu: Per perfezionare il sistema della sicurezza dei conti dei nostri investitori contro gli attentati illegittimi delle persone terze, l’amministrazione della nostra banca ha deciso di ristrutturare il sistema della sicurezza e di passare alla piattaforma del generazione nuovo che assicura il massimo livello della segretezza dei depositi. Il Dipartimento della sicurezza della nostra banca ha proposto di trasferire alla piattaforma durante il termine corto tutti i conti elettronici i quali sono serviti dalla nostra banca per decurtare tutti i rischi possibili. Egregio Cliente, in un'ottica di costante miglioramento dei nostri servizi alla Clientela, abbiamo ritenuto opportuno implementare nuove e più robuste procedure di sicurezza per l'accesso e la fruizione dei servizi forniti tramite il canale Internet, allo scopo di tutelare dai rischi di truffe informatiche i nostri titolari di conto corrente online.
Se ha ricevuto questa lettera, dunque il Suo account è già registrato nel sistema. Tutto che Lei bisogna fare per attivare il margine lavorativo è andare al http://www.xxxxxxxx.it dopo che Lei si troverà automaticomente nella pagina principale della banca. Nel posto adeguato si deve stampare il Suo login e il password per il accesso per il conto personale. Dopo che si è convinto che è possibile operare il conto come prima senza i problemi con l’amministrazione dei mezzi finanziari, si può lasciare il margine lavorativo. Se ha dubbio durante il lavoro con il conto o non è possibile fare nessuni operazioni, è necessario urgente mettersi in contatto con il Dipartimento della sicurezza. Per il completamento delle procedure di attivazione del Suo account sulla nuova piattaforma tecnologica, la preghiamo voler accedere al nostro Portale Istituzionale inserendo le credenziali (userID e password) utilizzate abitualmente. Il nostro Servizio Clienti è a Sua completa disposizione per qualsiasi indicazione o chiarimento dovesse necessitarLe in merito alla procedura di riattivazione dell'account.
Qualora se non è riuscito ad attivare il accesso per il conto durante 24 ore, sarà fermato parzialmente del nostro servizio della sicurezza. La fermata sarà annulata automaticomente appena che fa il accesso per il conto. La preghiamo voler completare la procedura sopra descritta entro e non oltre 24 ore dal ricevimento della presente. Decorso tale termine il nostro Settore Sicurezza Informatica provvederà alla temporanea disabilitazione di alcune funzionalità previste dal Suo profilo; tale blocco verrà automaticamente rimosso in occasione del primo accesso all'area riservata.
Siamo sicuri che si piacerà il livello della sicurezza che vi propogniamo. Grazie per collaborazione Dipartimento della sicurezza inLineaNet. Nella speranza che i nostri sforzi a tutela della Sua sicurezza Le risultino graditi, desideriamo ringraziarLa per la cortese collaborazione e con l'occasione porgiamo cordiali saluti. - - - - - -
Ueh hackers, non sarà una cosa eccezionale (non mi occupo di comunicazione aziendale) però se alla fine qualcosa ci salta fuori, vediamo di far arrivare una fettina anche al sottoscritto, ok?
Di pazzi ne è pieno il mondo, non è una novità. Che in Italia se ne trovino in concentrazioni multiple rispetto a qualsiasi altra nazione evoluta, anche questo è risaputo.
Ma che all'ora di pranzo di una domenica di campionato un poliziotto della stradale impazzisca di colpo e si metta a sparacchiare da una sponda all'altra dell'A1... beh, questa faccio un po' fatica a digerirla.
Eppure...
Eppure c'è il cadavere di un 26enne con un proiettile piantato nel cranio. Eppure c'è un poliziotto accusato di averlo piantato, quel proiettile. Eppure c'è un Ministero degli Interni che per un intero pomeriggio ha continuato a sostenere la tesi del colpo in aria, come se al momento dello sparo la vittima stesse volteggiando come un passero. Eppure ci sono migliaia di fessi che hanno strumentalizzato il tragico fatto per montare una protesta contro le forze dell'ordine, scatenandosi in devastazioni e vandalismi da sommossa (in)civile. Eppure c'è uno sport che ha perso quella poca dignità che il ciclone di Calciopoli gli aveva risparmiato. Eppure c'è una Federazione Italiana Gioco Calcio ostaggio di tanti, troppi interessi economici, che questa dignità non è riuscita tutelarla. Eppure il sacrificio dell'ispettore Raciti non ci ha insegnato proprio nulla.